Covibesity: la nuova pandemia nei bambini

Obesità infantile

L’obesità infantile in Italia, ed in particolar modo in Campania, rappresenta un grave problema di salute pubblica con molti risvolti di carattere sociale. Il sistema di sorveglianza di rilevanza nazionale e regionale “OKkio alla SALUTE”, ha stimato, nella sua ultima rilevazione, che in Italia il 20.4% dei bambini è in sovrappeso mentre il 9.4% è obeso. Si evidenzia un chiaro trend geografico che vede la regione Campania con la prevalenza più elevata: il 25.4% dei bambini campani è in sovrappeso, il 12.6% è obeso.

Complicanze dell’obesità in età pediatrica

Parallelamente all’aumento di obesità si è assistito ad un incremento delle complicanze, a breve e lungo termine, ad essa correlate come insulino-resistenza, sindrome metabolica, ipertensione arteriosa, diabete mellito di tipo 2, sindrome dell’ovaio policistico, sindrome da apnea ostruttiva del sonno e problemi psicologici in età pediatrica. La presenza di obesità, e sue complicanze, si traduce in un rischio decisamente più elevato di obesità complicata in età adulta (sino all’80% dei soggetti obesi in età pediatrica evolve in obesità in età adulta) e di mortalità precoce in età adulta principalmente a causa di eventi cardiovascolari. 

Covibesity

Purtroppo, la pandemia da Sars-Cov-2 sta concorrendo ad aggravare ulteriormente il quadro attuale determinando il peggioramento di una già instaurata condizione di obesità o promuovendone l’insorgenza. I dati del reale impatto epidemiologico della pandemia sull’obesità infantile non sono stati ancora misurati, ma sempre maggiori sono le segnalazioni di casi di aumento ponderale da parte degli operatori sanitari. Il picco nel numero di questi casi è stato così elevato che il National Center for Biotechnology Information ha coniato il nuovo termine “Covibesity“: l’aumento dell’obesità durante la pandemia viene considerata come la nuova pandemia.

Modifiche dello stile di vita durante la pandemia

L’ isolamento domiciliare ha comportato delle rilevanti variazioni dello stile di vita, sia in termini di alterazioni dell’equilibrio energetico, sia in termini di benessere psicologico, incrementando il rischio di depressione, stress e noia. Stress e turbolenze emotive si associano al fenomeno così detto “comfort eating”: l’assunzione di alimenti ricchi di zuccheri e alimenti appetibili rappresenta un meccanismo inconscio di automedicazione contro gli stimoli negativi, a seguito del rilascio di serotonina che ha un effetto benefico sull’umore.  

Inoltre, la combinazione di questi comportamenti con la didattica digitale, l’interruzione delle attività sportive programmate e l’aumento del tempo trascorso davanti agli schermi di PC, tablet a smartphone, ha causato un significativo aumento della sedentarietà. Evidenze scientifiche indicano una relazione tra ore di tempo trascorso davanti allo schermo e rischio di sviluppare obesità e complicanze cardio-metaboliche, verosimilmente perché questo comportamento, oltre a sottrarre tempo all’attività fisica, può associarsi più di tutti gli altri ad un’alimentazione eccessiva e nutrizionalmente scorretta.

Effetti della pandemia sui bambini

Tali condotte dello stile di vita sono state ampiamente dimostrate in uno studio italiano condotto in bambini durante il “lockdown” dove è stato evidenziato un incremento significativo nel numero di pasti giornalieri e dell’assunzione di patatine fritte, carne rossa e bevande zuccherate, rispetto al periodo antecedente la pandemia. Inoltre, è stato descritto un aumento significativo del tempo trascorso davanti allo schermo, associato ad una riduzione significativa dell’attività fisica.  

Obesità e infezione da SarsCov-2

L’azione congiunta di questi comportamenti aumenta il rischio di obesità e la conseguente infiammazione cronica che, insieme ad altri fattori quali dislipidemia, ipertensione, diabete possono peggiorare anche peggiorare le difese dell’organismo nei riguardi del Covid-19. Le prime evidenze scientifiche confermano il ruolo dell’obesità quale fattore “aggravante” della prognosi dell’infezione COVID-19. I pazienti obesi, anche giovani, hanno molte più probabilità di sperimentare gravi complicanze della malattia. Nel paziente affetto da obesità, in particolare obesità addominale, vi è un rischio aumentato di severità di malattia da COVID-19. Questo è dovuto al fatto che il paziente obeso ha già un grado di infiammazione più elevato e come conseguenza dell’infezione da SarsCov-2 il processo infiammatorio aumentando ulteriormente di livello determina un quadro più severo della malattia. 

Prevenzione obesità infantile

Per contrastare questa situazione emergenziale i ricercatori del Centro di Allergologia Pediatrica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II hanno ideato un “Decalogo anti-covibesity” da mettere a disposizione di tutti.

Bibliografia

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